Flaminia Martinelli

 
Flaminia Martinelli

nato nel 1961
Fiumicino

11 Racconti

5.3 min
Per la scelta di fare filosofia, ci sono state due ragioni. La prima è stata l’incontro al liceo con un professore speciale: un modo minimalista di porre le cose, sempre puntuale e pronto a cogliere l’essenza dei problemi. La seconda ragione è legato alle difficoltà dell’adolescenza: Flaminia in quel periodo era molto infelice e molto emotiva e scoprì che invece i problemi si possono razionalizzare. Quando Flaminia si è iscritta a Filosofia alla Sapienza, la facoltà fu trasferita a Villa Mirafiori sulla Nomentana: fu la città dei filosofi, vita comune anche con i professori, momenti di scambio intellettuale e sono stati, dice, i quattro anni più belli della sua vita.
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2.8 min
All’epoca non tutti andavano in vacanza e se succedeva al massimo andavano al paese di origine. Flaminia invece andava in vacanza non perché fossero particolarmente ricchi, ma perché il padre faceva il topografo per una ditta francese e le ricerche in genere erano nel sud d’Italia. Così finita la scuola, si chiudeva casa e si raggiungeva il padre: in Calabria, in Lucania, in Puglia. Erano gli anni sessanta ed era come stare in un isola deserta, in case senza porte, su spiagge deserte, con in valigia il costume da bagno, con due magliette, le ciabattine di plastica e i capelli corti: dopo la rigidità della scuola delle suore, era vivere allo stato brado.
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3.0 min
Destra e sinistra c’erano le divise. Il jeans era di sinistra. Andavano i capelli ricci, grandi lunghe a fiori, calze colorate, zoccoli di legno che costavano un botto ma duravano una vita e si potevano dare in testa ai poliziotti perché li levavi in fretta. Andava la moda indiana. Era un abbigliamento il pi possibile colorato. I ragazzi di destra portavano pantaloni attillati, scarpe a punta, capelli molto corti e facce rasate: la barba era di sinistra. Portavano maglioncini di cachemire, giubbetti da motociclista e occhiali da sole.
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5.6 min
Quando Flaminia era ragazza la TV era in bianco e nero, c’erano solo due canali, il primo e il secondo, e in una programmazione pensata solo per gli adulti, il pomeriggio c’era per un paio d’ore la TV dei ragazzi. Flaminia ricorda la tristezza di molte trasmissioni: Rin Tin Tin dove un bambino viveva in un forte, i cartoni animati che venivano dall’Est Europa, Filopat e Patafil, pupazzi fatti con una pallina da ping pong e una cordicella. Solo raramente c’era un cartone Disney ed era un momento molto atteso. Il lunedì c’era il film. C’erano le tribune politiche. Ma Flaminia, come tutti gli altri, andava tanto spesso al cinema. All’epoca c’erano i cinema di seconda visione, ce n’erano tanti, sparsi in tutta la periferia, costavano pochissimo e tutti andavano al cinema. Ed era bellissimo perché si usciva, ci si andava con gli amici, si compravano i popcorn, si stava insieme e alla fine non era solo il film, era l’intero pomeriggio passato in compagnia.
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5.0 min
L’attivismo politico era una forma di quotidianità e con un atteggiamento sempre critico rispetto alla situazione: a scuola si prendevano le cose che la scuola dava senza pensare che ci fosse niente di inutile anche perché molti ragazzi venivano da famiglie modeste e il liceo era il premio per essere bravi a scuola e potersi garantire un futuro privilegiato rispetto ai fratelli. Tutti i compagni di Flaminia, infatti, sono diventati professionisti. Ma si pretendeva anche che la scuola fosse di più, che ci fosse apertura al mondo esterno e dinamicità. Fare politica significava leggere testi alternativi a quelli proposti dalla scuola, significava frequentare le riunioni, organizzare e partecipare alle manifestazione, partecipare agli organi collegiali, partecipare alle elezioni dei rappresentanti degli studenti. C’erano anche i piccoli gruppi di autocoscienza femminista.
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3.1 min
Flaminia si era appena laureata, un collega non ancora laureato aveva trovato lavoro in una scuola privata e le propose di andarci perché non andasse sprecata l’occasione. Il primo giorno di scuola da insegnante di italiano fu con una classe di sole ragazze notoriamente cattiva da cui la precedente insegnante era scappata. Flaminia vene invece accettata, forse perché era molto giovane.
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4.5 min
Quella mattina Flaminia era a scuola e la notizia arrivò perché la madre di una compagna aveva un collega che abitava nella stessa via del rapimento. Arrivato in ufficio aveva raccontato e la madre era venuta al liceo a riprendere la figlia perché era scoppiata la paura. Aldo Moro era un uomo importantissimo e l’atto è sembrato subito una cosa grave, che potesse accadere qualcosa di definitivo, come una guerra civile. A Roma nei giorni successivi era come stare in uno stato di polizia, non c’era volta che si uscisse senza essere fermati e senza avere il controllo dei documenti. Un clima veramente brutto che poteva degenerare. A scuola poi, c’era un insegnante di educazione fisica che faceva parte di un gruppo di estrema sinistra; un giorno fu arrestato il leader del gruppo mentre guidava un furgoncino pieno di armi e il furgoncino era del professore che scomparì da scuola e il preside non sapeva se poteva o meno nominare un supplente. La sensazione era di un mondo che poteva crollare da un momento all’altro.
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5.6 min
Flaminia ha fatto il liceo classico perché le piaceva il latino (a quei tempi il latino si studiava anche alle scuola medie). I genitori non la vollero mandare all’Augustus pensando che fosse una scuola turbolenta e la mandarono in un piccolo liceo a San Lorenzo. Ma dato il quartiere, le porte erano aperte al mondo; era la metà degli anni 70, anni di forte passione politica. Eppure ancora la relazione con i professori era di distanza: era davvero stare in cattedra, con ambiti rigorosamente separati. Non c’era dialogo anche perché non c’era terreno comune. Naturalmente questo non impediva di incontrare buoni maestri. Flaminia ricorda esami di maturità coma un incubo anche perché aveva voti di ammissione bassi; non andava male a scuola, erano giudizi dati dalla condotta provocatoria e “politica” di Flaminia.
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3.8 min
Flaminia veniva da una famiglia dove le donne erano molto attive e presenti, oltre ad essere una famiglia di sinistra; la madre aveva sempre lavorato e guadagnato pi del padre e quindi non c’erano problemi di parità. Ma Flaminia sapeva che era un’eccezione. Femminismo era la necessità di rompere il cerchio della ubbidienza, della subalternità a tutti gli uomini di casa, non solo i padri o i mariti, anche i fratelli. Femminismo era la necessità di dare valore alla diversità di essere donna, pensare che non si trattava solo di essere alla pari, ma di esserlo nella diversità pensata come ricchezza: facciamo tutte le cose degli uomini e le facciamo con i tacchi alti. D’altra parte la debolezza delle donne era sempre stata fittizia: quando gli uomini erano andati in guerra, c’erano state donne che da sole hanno portato avanti famiglie con molti figli piccoli.
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4.6 min
Quando Flaminia era bambina si giocava tanto per strada. Campana era il gioco preferito: si disegnano una serie di quadrati su cui bisogna saltare in modi prestabiliti, si lancia un sasso sui quadrati successivi e saltando in modi prestabiliti su ogni casella si deve raccogliere il sasso. Poi si giocava con l’elastico: si saltava su un elastico posizionato prima alle caviglie, poi al pompaggio, poi alle ginocchia… si cadeva molto spesso. Flaminia era figlia unica e niente cugini perché gli zii erano senza figli. I primi amichetti li ha avuto alle elementari. Ci si vedeva per leggere i fumetti e ascoltare dischi. Verso i dodici anni con le amiche Flaminia è andata in giro per tutte le chiese di Roma.
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