Spizzichino Mario

 
Spizzichino Mario

nato nel 1925
Roma

4 Racconti

8.0 min
Mario ha sempre voluto parlare raccontare. Non tutti hanno voluto credere subito, sembrava impossibile. L’esperienza della deportazione ancora pesa. Addirittura quando qualcuno vede il numero tatuato pensa che Mario sia stato in prigione, qualcuno pensa sia il numero della cassaforte. Ma è anche capitato di incontrare qualcun altro, uno sconosciuto, col numero tatuato e allora sono stati abbracci come tra fratelli. Mario da molto tempo va nelle scuole a parlare con i ragazzi, perché l’orrore accaduto non possa più succedere.
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14.7 min
E un giorno, era il 5 maggio 1945, arrivarono gli americani. Mario si è ritrovato in ospedale in un campo americano a Gusen. Era molto scosso, in stato confusionale per le privazioni. Anche mangiare non era possibile perché il troppo cibo scatenava la dissenteria e molti morivano. La dissenteria non era cosa nuova, nel campo a Mario è capitato di mangiare il carbone per le sue capacità astringenti. Arrivato a Bolzano Mario ha baciato la terra, era di nuovo in Italia. E’ arrivato a Roma col treno, allo scalo di San Lorenzo. All’epoca la madre abitava a piazza degli Zingari a Rione Monti: Mario è arrivato con ancora addosso una coperta militare. Il primo incontro fu col barista che gli disse che lo credevano morto. Poi l’abbraccio col fratello e poi la madre. E poi i parenti di chi era stato deportato, a chiedere notizie.
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17.3 min
Le punizioni venivano date spesso anche per sciocchezze e qualcuno sotto le bastonate restava morto. Succedeva che la popolazione vedendoli passare durante la marcia gli lanciassero sassi e chiamandoli juden come fosse un’offesa. Sul treno per Auschwitz da mangiare avevano dato solo marmellata tanto che adesso Mario non sopporta la crostata. Nel campo si cercava di avere notizie e poi qualcuno riuscì ad avere qualche giornale da qualche polacco. E i francesi ebbero notizie lavorando in una fabbrica. E si cominciò a sapere che gli alleati stavano vincendo. Gli ordini venivano dati in tedesco e ad Auschwitz anche in polacco. Mario ha imparato il suo numero più facilmente in polacco che in russo. Nei campi ai polacchi arrivavano i pacchi ma certo agli italiani non poteva arrivare nulla.
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15.8 min
La persecuzione di Mario comincia con le leggi razziali, quando faceva lo stracciarolo e tutti si sentivano in diritto di offenderlo, perfino di prenderlo a schiaffi. Nel febbraio del 1944 a via Goito fu arrestato su delazione di un brigadiere di pubblica sicurezza che prese un premio di duemila lire. In seguito Mario ha saputo che il brigadiere era stato condannato a 28 anni e poi amnistiato. L’8 settembre Mario era a Napoli ma era voluto venire a Roma per aiutare la madre che era nascosta a casa di una famiglia di cattolici. Da Regina Coeli dove ha trovato molti compagni di scuola; poi è stato mandato a Fossoli dove c’era uno zio che lo avvertì di fare di tutto per scappare. Nel campo c’erano persone di tutte le provenienze, professori, professionisti e poveracci. Rinchiusi dentro un vagone arrivarono ad Auschwitz dove ci fu a bastonate la prima selezione. Arrivati al campo furono spogliati e mandati alle docce dove l’acqua era prima bollente poi gelata. E poi il numero tatuato 180098. Da lì a Sosnowitz dove Mario fu mandato in una fabbrica che produceva bossoli per i cannoni. E cominciò la tragedia del campo: assistere all’impiccagione dei prigionieri russi, portare i morti...
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