Il movimento di opinione che Crosignani e i suoi alleati seppero organizzare trovò molti convinti seguaci in molte città d'Italia in particolare nelle associazioni di famigliari di soggetti con patologie mentali. Il diffuso e convinto giudizio che la legge 180 presentasse carenze assai gravi di tipo assistenziale, da un lato fu dimostrato da tanti fatti drammatici di cronaca che riguardavano ex-pazienti dei manicomi e dall'altro dal crescente e drammatico urlo d'aiuto dei parenti dei psicopatici che si sollevava verso le Istituzioni. Finalmente la politica, in particolare il Partito Socialista, riconosciuto lo stato di abbandono di malati e famiglie decretato dalla 180, organizzò un convegno nazionale a Roma a cui vennero invitati in primo luogo i "critici della 180", Crosignani e Luciano, i principali rappresentanti della psichiatria nazionale e del mondo accademico, ma soprattutto i principali esponenti delle associazioni dei famigliari di pazienti. Gli effetti concreti di quel Convegno furono il riconoscimento della impellente necessità di affrontare il problema con una sorta di riforma della 180 come era stato fatto in Piemonte con la legge 61, costruendo piccole comunità territoriali di rifugio dei pazienti psichiatrici. Queste strutture trovarono di lì a breve tempo pratica istituzione attraverso il ricorso ad associazioni private convenzionate che si assunsero il compito di tutela e assistenza. Crosignani, dopo un periodo di guida di un settore psichiatrico del territorio, sempre problematico ma finalmente stabilizzato dai provvedimenti correttivi intervenuti, intraprese l'ultimo periodo della sua carriera con la direzione del Reparto di Psichiatria dell'Ospedale Molinette.
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